LA STRAGE DI CUTRO
Cinquemila persone sono andate in processione nella città di Cutro, sulla spiaggia di fronte al mare dove nella notte del 26 febbraio un barcone carico di migranti è naufragato. Sulla spiaggia, dietro la croce realizzata con il legno del barcone, si piangeva, si cantava e si pregava tra i resti dell'imbarcazione sulla sabbia. L’arcivescovo, accanto all’imam, in processione, hanno lanciato un appello: “Non vogliamo un’Europa nella quale è difficile trovare accoglienza ma vogliamo accoglienza per tutti". E' stata buttata in mare una corona di fiori bianchi per ricordare la loro morte.
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E' stata trovata una tutina grigia e rosa taglia 24-36 mesi in mezzo alla spiaggia, coperta di sabbia e di pietruzze. Qualcuno ha creato a fianco un piccolo altarino, con candele, fiori e una croce. Una donna di Cutro con in braccio il suo cagnolino, è in ginocchio ad accarezzare la manica della felpa e piange: “Chissà il freddo in quell’acqua gelida e la paura. Sono venuti da noi a cercare la vita e hanno trovato la morte”. Le parole della donna si perdono in mezzo ai canti e le preghiere delle cinquemila persone che partecipano alle 14 stazioni della Via Crucis che l’Arcidiocesi di Crotone-Santa Severina ha organizzato oggi pomeriggio per commemorare i naufraghi inghiottiti dalla “tomba d’acqua” che è divenuto il mar Ionio.
88 persone sono morte al largo di Steccato di Cutro, in Calabria, nel naufragio di una media imbarcazione che trasportava circa 250 migrati in arrivo da Iran, Pakistan e Afghanistan. Stavano percorrendo la rotta del Mediterraneo orientale, che parte dalla Turchia e arriva in Italia fino alla Calabria o alla Puglia, costeggiando la Grecia ed è battuta da imbarcazioni di medie dimensioni, per le quali i migranti pagano diverse migliaia di dollari alla criminalità turca, che agisce praticamente indisturbata. Una tratta che va avanti da anni, nonostante la Turchia venga finanziata con miliardi di fondi europei per gestire i flussi migratori.

Secondo i dati riportati da repubblica, solo nel 2022 in Calabria sono sbarcate 18 mila persone, cioè il 15% degli sbarchi complessivi arrivati in Italia, quasi il doppio rispetto al 2021 e il triplo rispetto al 2020. Nonostante venga considerata una delle rotte meno pericolose, i viaggi sono tutt’altro che tranquilli, con centinaia di persone stipate sottocoperta e con scorte alimentari limitate.
Inoltre, l’assenza di ONG che soccorrono i migranti nei tratti di mare attraversati dalle imbarcazioni rende ancora più pericoloso qualunque incidente, così come la conformazione della zona che rende più difficili le operazioni di salvataggio, anche per le autorità italiane. Alcuni mezzi della Guardia di finanza, per esempio, avevano provato a raggiungere il peschereccio che è naufragato in Calabria il 26 febbraio, ma non sono riuscite a soccorrerlo proprio a causa del maltempo.
Ad affrontare il viaggio dalla Turchia, sono soprattutto persone di origine afghana, irachena, pachistana o siriana, in fuga da teatri di guerra e zone dove non sono garantiti i basilari diritti umani. Una massa di persone a cui potrebbero unirsi anche le migliaia di sfollati rimasti colpiti dal devastante terremoto che ha coinvolto il confine tra Turchia e Siria. Si tratta quindi di persone che generalmente sono titolate a ricevere la protezione umanitaria una volta giunte in Europa in cerca di asilo, alle quali dovrebbe essere garantito un arrivo in sicurezza e non una strada che le porti dal pericolo alla morte.
Cordiali saluti da CALVETTO MIRKO e CALVETTO ENEA.
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